THE MASK REVEALS
Il tema è il camp, il mondo visto come teatro dell’innaturale, dei manufatti preziosi, dell’inautentico. Il camp ama i trucchi e le parrucche, i travestimenti e i costumi di scena. Il camp è ineludibile eccentricità nella sgargiante concezione dei look, eccesso, estetismo e fluidità di genere dall’approccio scherzoso e antiserio ma soprattutto è piena consapevolezza di sé.
Da questo tema mi sono collegata al concetto della maschera teatrale, arcano artificio, che consente al comico pur conservando le proprie caratteristiche individuali, una tipizzazione universale, è un diaframma sottile che divide l’attore dal mondo e che lo protegge dalle insidie, facendo emergere tutta la vitalità e la fantasia.
Le stesse maschere che troviamo nei quadri di basquait che svelano l’angoscia, la rabbia e le ipocrisie di un mondo che gli era ostile. Le sue opere sono l’impasto dell’e- nergia metropolitana di new york city con la rievocazione profonda delle sue radici africane creando un universo di quadri originalissimo.
In un intervista per id magazine la fotografa lisa wassmann ha fotografato la scena drag di berlino. Da qui nasce “fierce”, la serie che ci svela i retroscena di un mondo fatto di glitter sì, ma non solo. Nell’intervista afferma come nella grande metropoli
si respira la libertà, attraendo ogni giorno nuove persone da tutto il mondo. Negli anni in cui ha lavorato a questa serie ha imparato e osservato molto. Nell’intervista la fotografa sostiene quanto è stato interessante notare che le drag non recitano, entrano semplicemente in contatto con una parte della loro personalità che solitamente rima- ne più nascosta.
Saul produsse una serie di maschere con sacchetti di carta su cui disegnò una serie di facce stilizzate. Luoghi e pose coreografiche accuratamente scelte da morath, trasfor- mano i loro soggetti in caricature del loro tempo: donne dell’alta società in pellicce e abitini neri, uomini d’affari soddisfatti, segretarie, bellezze al bagno e bohemien. Allo stesso tempo, nascondendo l’identità dei loro soggetti dietro queste facciate strava- ganti, entrambi rivelano ed esagerano la natura malata e sinistra del sogno americano degli anni ’50. Può sembrare un paradosso ma la maschera non è come fuga ma come simbolo di ipocrisia e forse strumento di salvezza. Nella società della solitudine a chi serve nascondersi? Forse agli unici testimoni della nostra ambiguità cioè a noi stessi”.
Bela borsodi fashion mask a prima vista sembrano qualsiasi altra pila di indumen- ti spiegazzati; cumuli di biancheria scartata lasciati sdraiati sul pavimento. Ma uno sguardo più attento a queste camicie e giacche piegate con cura rivela una serie di volti singoli e persino espressioni. “ogni abbigliamento ha un carattere e la maggior parte delle persone che vedono l’arte hanno una buona reazione perché è divertente e li coinvolge.”
Il tema è il camp, il mondo visto come teatro dell’innaturale, dei manufatti preziosi, dell’inautentico. Il camp ama i trucchi e le parrucche, i travestimenti e i costumi di scena. Il camp è ineludibile eccentricità nella sgargiante concezione dei look, eccesso, estetismo e fluidità di genere dall’approccio scherzoso e antiserio ma soprattutto è piena consapevolezza di sé.
Da questo tema mi sono collegata al concetto della maschera teatrale, arcano artificio, che consente al comico pur conservando le proprie caratteristiche individuali, una tipizzazione universale, è un diaframma sottile che divide l’attore dal mondo e che lo protegge dalle insidie, facendo emergere tutta la vitalità e la fantasia.
Le stesse maschere che troviamo nei quadri di basquait che svelano l’angoscia, la rabbia e le ipocrisie di un mondo che gli era ostile. Le sue opere sono l’impasto dell’e- nergia metropolitana di new york city con la rievocazione profonda delle sue radici africane creando un universo di quadri originalissimo.
In un intervista per id magazine la fotografa lisa wassmann ha fotografato la scena drag di berlino. Da qui nasce “fierce”, la serie che ci svela i retroscena di un mondo fatto di glitter sì, ma non solo. Nell’intervista afferma come nella grande metropoli
si respira la libertà, attraendo ogni giorno nuove persone da tutto il mondo. Negli anni in cui ha lavorato a questa serie ha imparato e osservato molto. Nell’intervista la fotografa sostiene quanto è stato interessante notare che le drag non recitano, entrano semplicemente in contatto con una parte della loro personalità che solitamente rima- ne più nascosta.
Saul produsse una serie di maschere con sacchetti di carta su cui disegnò una serie di facce stilizzate. Luoghi e pose coreografiche accuratamente scelte da morath, trasfor- mano i loro soggetti in caricature del loro tempo: donne dell’alta società in pellicce e abitini neri, uomini d’affari soddisfatti, segretarie, bellezze al bagno e bohemien. Allo stesso tempo, nascondendo l’identità dei loro soggetti dietro queste facciate strava- ganti, entrambi rivelano ed esagerano la natura malata e sinistra del sogno americano degli anni ’50. Può sembrare un paradosso ma la maschera non è come fuga ma come simbolo di ipocrisia e forse strumento di salvezza. Nella società della solitudine a chi serve nascondersi? Forse agli unici testimoni della nostra ambiguità cioè a noi stessi”.
Bela borsodi fashion mask a prima vista sembrano qualsiasi altra pila di indumen- ti spiegazzati; cumuli di biancheria scartata lasciati sdraiati sul pavimento. Ma uno sguardo più attento a queste camicie e giacche piegate con cura rivela una serie di volti singoli e persino espressioni. “ogni abbigliamento ha un carattere e la maggior parte delle persone che vedono l’arte hanno una buona reazione perché è divertente e li coinvolge.”
Da questo tema mi sono collegata al concetto della maschera teatrale, arcano artificio, che consente al comico pur conservando le proprie caratteristiche individuali, una tipizzazione universale, è un diaframma sottile che divide l’attore dal mondo e che lo protegge dalle insidie, facendo emergere tutta la vitalità e la fantasia.
Le stesse maschere che troviamo nei quadri di basquait che svelano l’angoscia, la rabbia e le ipocrisie di un mondo che gli era ostile. Le sue opere sono l’impasto dell’e- nergia metropolitana di new york city con la rievocazione profonda delle sue radici africane creando un universo di quadri originalissimo.
In un intervista per id magazine la fotografa lisa wassmann ha fotografato la scena drag di berlino. Da qui nasce “fierce”, la serie che ci svela i retroscena di un mondo fatto di glitter sì, ma non solo. Nell’intervista afferma come nella grande metropoli
si respira la libertà, attraendo ogni giorno nuove persone da tutto il mondo. Negli anni in cui ha lavorato a questa serie ha imparato e osservato molto. Nell’intervista la fotografa sostiene quanto è stato interessante notare che le drag non recitano, entrano semplicemente in contatto con una parte della loro personalità che solitamente rima- ne più nascosta.
Saul produsse una serie di maschere con sacchetti di carta su cui disegnò una serie di facce stilizzate. Luoghi e pose coreografiche accuratamente scelte da morath, trasfor- mano i loro soggetti in caricature del loro tempo: donne dell’alta società in pellicce e abitini neri, uomini d’affari soddisfatti, segretarie, bellezze al bagno e bohemien. Allo stesso tempo, nascondendo l’identità dei loro soggetti dietro queste facciate strava- ganti, entrambi rivelano ed esagerano la natura malata e sinistra del sogno americano degli anni ’50. Può sembrare un paradosso ma la maschera non è come fuga ma come simbolo di ipocrisia e forse strumento di salvezza. Nella società della solitudine a chi serve nascondersi? Forse agli unici testimoni della nostra ambiguità cioè a noi stessi”.
Bela borsodi fashion mask a prima vista sembrano qualsiasi altra pila di indumen- ti spiegazzati; cumuli di biancheria scartata lasciati sdraiati sul pavimento. Ma uno sguardo più attento a queste camicie e giacche piegate con cura rivela una serie di volti singoli e persino espressioni. “ogni abbigliamento ha un carattere e la maggior parte delle persone che vedono l’arte hanno una buona reazione perché è divertente e li coinvolge.”
ART DIRECTION & STYLING: ARIANNA TANCORRAPHOTO: JONATHAN SANTOROMAKEUP ARTIST: @NADIRA_EKRMODEL: DAVIDE WADE
ART DIRECTION & STYLING: ARIANNA TANCORRA
PHOTO: JONATHAN SANTORO
MAKEUP ARTIST: @NADIRA_EKR
MODEL: DAVIDE WADE